Categories
Home

31-0

Storie di calcio ce ne sono tante e il calcio stesso è una musa che ispira, una miniera di episodi, aneddoti, favole vere da raccontare. Quella della nazionale delle Samoa Americane è una di queste e Mike Brett e Steve Jameson hanno deciso che valeva la pena raccontarla al prossimo TriBeCa Film Festival, la rassegna niuiorchese organizzata da DeNiro da ormai tredici anni, nella quale il documentario verrà presentato in prima visione mondiale sabato 19 aprile.

Tutto parte da quell’11 aprile 2001. Siamo alla terza giornata del primo turno di qualificazione ai mondiali di Corea e Giappone 2002, zona Oceania. Tutte le partite del Gruppo 1 si giocano a Coffs Harbour, cittadina della costa orientale dell’Australia. Nelle prime due giornate i Kangaroos avevano riposato la prima e passeggiato alla seconda battendo Tonga per 22-0 (sì, ventidue), mentre i samoani americani ne avevano presi 13 dalle Fiji (sì, tredici) e 9 dalle Samoa, quelle normali. Già da questi numeri ci si poteva immaginare quello che sarebbe accaduto in quel mercoledì oceanico.

Al 10’ del primo tempo Boutsianis apre le danze e poi, al ritmo medio di un gol ogni due minuti e mezzo, si aggiungono tutti gli altri: Boutsianis stesso ne fa tre, Thompson 13, Zdrilić 8, Vidmar, Popović e Colosimo fanno una doppietta ciascuno e DeAmicis fa il 19-0 al decimo minuto della ripresa. Ah, nell’intervallo gli australiani si erano fermati a 16. Bottino equo.

Si capisce benissimo perché la federcalcio australiana abbia deciso di cominciare a giocare dalle ultime qualificazioni ai mondiali nella zona asiatica. Tredici anni fa non dev’essere stato uno spettacolo edificante né per i vincitori, né tanto meno per i vinti, gli uni indaffarati a inventarsi una formazione rimaneggiata per far fronte alla totale, inequivocabile debolezza tattica e tecnica degli altri. Fatto sta che l’Australia scese in campo con le seconde (anche terze) linee, e ciononostante portò a casa quella che finora risulta essere la vittoria con lo scarto più largo nella storia del calcio.

Dall’altra parte i samoani americani. Dopo quella sconfitta sprofondarono… scesero alcuni scalini della graduatoria FIFA e si piazzarono al 207° posto, l’ultimo disponibile del ranking. Contro l’Australia l’età media di quella partita era di diciannove anni, il giocatore più vecchio era Nicky Salapu (in porta), il più giovane aveva 15 anni; nel mezzo tutti gli assenti, giustificati da problemi con il passaporto americano e da esami scolastici. Il risultato, non solo numerico, è stato uno spettacolo imbarazzante per tutti, soprattutto per i “vincitori”, almeno da come vediamo il calcio noi in Europa.

I samoani americani si sono portati dietro quest’onta alla loro maniera, ovvero con l’impegno in ogni partita giocata da allora, consapevoli di essere la “peggior squadra di calcio del mondo”. Poco male, per loro, abituati e bravi di sicuro in altre discipline, che magari da questa parte di pianeta non conosciamo. Ma alla fine ce l’hanno fatta.

Samoa Americane
Nella storia. ella storia.

Nel 2011 la federazione ha ingaggiato Thomas Ronger, allenatore olandese alla guida della nazionale da ormai tre anni. Ronger ha fatto le giovanili all’Ajax a metà degli anni ’70 e poi è emigrato negli Stati Uniti nemmeno ventenne, dove ha cominciato a giocare più frequentemente nelle squadre della Major League Soccer, collezionando diverse presenze e mettendo a segno anche qualche gol. Una carriera tutto sommato dignitosa per il livello americano, come se un semiprofessionista italiano di Serie C andasse oltreoceano e farebbe la sua figura nella Serie A a stelle e strisce e con buoni risultati. Mentre gioca, Ronger gestisce anche un paio di squadre, prima di dedicarsi completamente al coaching, visto che l’età avanza e i capelli grigi consigliano di stare a bordo campo e far correre gli altri. Così, da assistant coach della Pope John Paul II di Boca Raton in Florida, il Mister passa anche da Tampa Bay, Boston, Washington, fino alla nazionale americana under 20. Un onesto allenatore, dedito al suo lavoro, appassionato di schemi, desideroso di insegnare calcio a dilettanti e amatori. Come lo sono i nazionali samoani americani. Un collettivo allo sbando, soprattutto se ti devi presentare alle qualificazioni per i mondiali di calcio. Rongen accetta, lavora, striglia i suoi, gli urla contro. Ma un vero leader non fa casino e basta: corre con i suoi, suda, si allena sotto la pioggia come i suoi. Loro capiscono, collaborano. In fondo fanno parte di una nazionale riconosciuta dalla FIFA e i risultati li vedono in tutto il mondo: e non è bello sbandierare uno 0 nella casella delle vittorie a ogni angolo del pianeta.

Il 23 novembre 2011, dieci anni dopo, c’è un’altra partita per qualificarsi ai mondiali. Mica un’amichevole. Lo stadio è il Toleafoa J.S. Blatter Complex, la casa della nazionale samoana americana ad Apia, capitale delle Isole Samoa posta sulla costa settentrionale dell’isola di Upolu. Nell’isola delle Samoa Americane non c’è un campo omologato per giocare al calcio, e così bisogna spostarsi un po’ più a ovest nel mezzo dell’Oceano Pacifico. Al Toleafoa ci sono trecento persone a vedere la partita. Il ritmo è quello che è, questi ragazzi sono degli amatori e noi amatori lasciamo un po’ al caso la gestione del pallone. A due minuti dall’intervallo Ramin Ott spara dai trenta metri e il portiere di Tonga non trattiene. 1-0. Al 74’ Luani scatta e anticipa il portiere avversario al vertice destro dell’area piccola, gli fa un pallonetto e raddoppia. A due minuti dalla fine Tonga accorcia: punizione da sinistra e Moala incorna alle spalle di Salapu (ancora lui). I minuti finali sono di sofferenza, come spesso accade in una partita del genere. Chi sta perdendo di un gol attacca con tutte le proprie forze e chi sta vincendo cerca di arginare l’avversario per portare a casa il risultato. E a casa questo risultato ci arriva. Finalmente. È la prima vittoria in assoluto delle Samoa Americane, un risultato “che è parte della storia del calcio così come lo è stato il 31-0 subito dall’Australia.” Thomas Rongen parla dei suoi con orgoglio e soddisfazione, e da vero totem delega ai suoi l’onore della vittoria, guardando già al futuro, alle “prossime due partite dove è possibile fare meglio di questa.”

Una storia di calcio. La storia del calcio. Lo sport sa dare tanto quando si tratta di cose del genere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.