Quando compilai la tesi – era il 2012 e i movimenti di democrazia diretta erano agli albori – il mio relatore mi indicò che sarebbe stato preferibile guardare anche in casa nostra e trarne del materiale utile per ciò che dovevo scrivere.
Proprio poco più di quattro anni fa approfittai del fatto che nella città in cui vivo il Movimento 5 Stelle stava cominciando la sua ascesa, così chiesi al loro uomo più in vista di concedermi una mezz’ora del suo tempo per rispondere alle mie domande. Quando domandai come avrebbero fatto a dialogare con la base, il mio interlocutore storse il naso e mi pregò di non utilizzare il termine ‘base’, “perché ‘base’ sa di partito, e il Movimento non è un partito”.
Incassai: non ero nella posizione di fare domande scomode (non sarebbe nemmeno mia abitudine) e avevo anche fretta di compilare questa tesi che mi stava uccidendo.
Comunque: loro “non erano un partito”. Scrissi nella tesi che se avessero voluto entrare nel sistema per scardinarlo, sarebbero dovuti fare parte del sistema. Per aprire quella “scatoletta di tonno” bisognerebbe cioè che qualcuno di loro faccia la parte del tonno pescato.
Alcuni sono finiti nelle tonnare, altri rischiano di finirci, ma nel frattempo quello che avevo scritto nella tesi (per scardinare il sistema si deve farne parte) è successo (previsione facile. L’ho detto: mi dovevo laureare e avevo bisogno di cose da sviluppare in poco tempo).
Comunque, arrivato in fondo al mio pensiero, il punto è che loro nel sistema ci sono entrati, eccome. Ci sono tanto dentro che sono diventati garantisti come coloro che loro stessi criticavano di esserlo. E così se prima un avviso di garanzia era fonte di qualsiasi male, adesso le maglie si sono allargate e le dimissioni tanto osannate per gli altri sono diventate tema di riflessione per loro.