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Expo. Lo spreco e il pensiero di chi non sa niente

Non ho la più pallida idea di quello che ci sia dietro Expo 2015: non voglio finire fra la massa di coloro che vedono complotti dappertutto, che dappertutto vedono il marcio, che “sanno” tante cose su quanto è stato sprecato, quanto si sprecherà, chi ci ha guadagnato/mangiato. A fare questi discorsi sono in tanti e poi siamo in Italia, paese in cui siamo stati nostro malgrado abituati a sospettare e cercare sempre il difettuccio in grado di darci ragione, vera fonte del nostro sostentamento mentale.Per cui, al netto di tutto ciò che ci può stare dietro questa cosa immensa, internazionale, quello che voglio fare io è limitarmi a esprimere le impressioni del visitatore medio, non mediocre, di quello che si interroga su ciò che vede e a cui piace andare al di là delle apparenze, giusto per curiosità, senza sperare di trovare la magagna.

Nella sequenza di pensieri sparsi dopo una giornata a spasso fra Cardo e Decumano, il primo in assoluto riguarda come e quanto Expo possa rappresentare un incentivo per chi c’è stato a diminuire i consumi alimentare. Il che non vuol dire mangiare di meno o meglio. Diminuire il consumo significa avere la coscienza di quanto ci possiamo permettere. L’idea che mi ha pervaso nei padiglioni che ho visitato è quella di un impiego di risorse destinate a non sprecare quello che produciamo. Non ci stanno dicendo di produrre di meno o che produrre è deprecabile, ma di sprecare di meno. Va da sé che un minore spreco di risorse contribuisce a consumarne meno: se cuciniamo pasta per tre persone come se fossimo in cinque e poi non riusciamo a mangiarla tutta, è chiaro che quella che ci avanza non ci serve e va buttata via. Se ne cuciniamo di meno, se cuciniamo ciò di cui abbiamo realmente bisogno, stiamo provvedendo al nostro futuro semplicemente perché sappiamo che domani noi tre mangeremo di nuovo pasta, visto che troveremo quello che abbiamo risparmiato oggi.

Quello che è auspicabile riguarda quindi l’incentivo che Expo può dare per ricordarsi di sprecare di meno, di non cucinare per dieci quando siamo in cinque, di non buttare via le risorse, ma anzi farne scorta per continuare a usufruirne domani.
A proposito di spreco, spero vivamente che l’Esposizione sia una fucina di esperimenti che aiutino a diminuire la dispersione di risorse. Io solo mi sono liberato di involucri di plastica, carta e alluminio che ho accumulato man mano che nei padiglioni mi venivano offerti souvenir gastronomici. Perché, per l’amor del cielo, continuano a incartare uno per uno i biscotti dentro confezioni promozionali? Capisco che verrebbe a mancare il riferimento della marca che ci sta offrendo lo specoulous belga, ma verrebbe meno anche tanta plastica che dovrà essere riciclata impiegando le risorse necessarie a riutilizzare il materiale con cui è fatto l’involucro.

L’acqua. Ci sono dispositivi di distribuzione dislocati in giro su tutto il territorio dell’Esposizione. C’è anche frizzante. La gente ci si lava il capo perché fa caldo e alle due del pomeriggio avere il collo bagnato dà molto sollievo. E mentre siamo intenti a passarci la mano fresca sulla nuca scorre in media un quarto di litro. Spero sinceramente che ci sia un sistema di riciclaggio dell’acqua che possa depurarla e riportarla in uso.

Vedete? Non so tutte queste cose. Non ho il tempo per indagare, e tantissima gente come me, che va via da Rho con il dubbio che l’Expo possa non fare abbastanza per convincerci di quanto fermamente professa.
Io almeno non faccio complotti.

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