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Little Italy sta scomparendo

Mai stati a Little Italy? Quella di New York, dove ci sono i ristoranti italiani, ritratta nei film americani con le bancarelle per la strada e gli immigrati italiani che si barcamenano per cercare fortuna nel loro Nuovo Mondo? A parte che si potrebbe benissimo chiamare Little SOUTH Italy, visto che la maggior parte – se non la totalità – di ristoranti e luoghi di ristoro riportano nomi tipici del sud Italia (Napoli, Puglia, Gennaro) e quando ci si va si è assaltati da “paisa’” che ci vogliono attrarre a mangiare la “tipica pizza napoletana”, chi va a Little (South) Italy ci va perché è curioso di vedere com’è, o almeno il sottoscritto era curioso di vedere se fosse vero che si sarebbe respirato un’aria da enclave all’estero, uno di quei rifugi di immigrati all’estero che si mettono a vivere e lavorare nello stesso quartiere per supportarsi e darsi coraggio all’interno di questa nuova e difficile avventura. E invece è pieno di caratterizzazioni, cioè in questo caso esasperazioni dello stereotipo dell’immigrato italiano all’estero: nostalgico, malinconico, ma allo stesso tempo tenace, sempre allegro, e sempre del sud.

E pieno di cinesi. Il confine di Canal Street è stato superato e su Mulberry Street non c’è più solo Gennaro, ma anche insegne illeggibili per chi come chi scrive conosce solo le ventisei lettere dell’alfabeto latino e alcune di quello greco.

Se poi ci mettiamo anche l’impennata degli affitti e le rimostranze di residenti e commercianti dei quartieri confinanti contro le feste paesane di Little Italy, la vita degli italo-americani a Manhattan si fa sempre più dura man mano che cinesi da una parte e ricchi immobiliaristi dall’altra stringono Mulberry Street in una morsa tutt’altro che vitale.

È il New York Post a parlarne (Rest in pizza, parafrasando Rest in peace, corrispondente al nostro ‘riposi in pace’) e il dato che da cinquanta gli isolati tricolori siano diventati solo tre è il primo simbolico sintomo del disfacimento del mito. Il NYP riporta le parole di Roberto Ianniello figlio, titolare dell’Umberto’s Clam House, che racconta di come l’affitto del suo locale sia passato da 34mila dollari al mese al doppio, e che l’edificio dove c’è il ristorante sia stato acquistato a 17 milioni e mezzo di dollari e che la cosa è poco promettente per ci vive e ci lavora.

Poi c’è la morsa: da sud i cinesi, come detto, da nord i negozi di lusso di NoLIta, ovvero NOrth of Little ITAly, i cui residenti e commercianti hanno richiesto alle autorità di apporre delle limitazioni alla festa di San Gennaro per evitare che le loro vetrine fossero “macchiate dalle mani unte dei fedeli che fanno baldoria”.

Ora, se volete andare a vedere com’è Little Italy adesso, preparatevi alla caratteristica Mulberry Street e basta. Altrimenti prendetevi mezza giornata e andate a Bensonhurst o in qualche altra Little Italy delle tante veritiere e genuine sparse per il New England.

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