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Tre mesi di marijuana libera in Colorado visti dal Messico

Se dopo tre mesi di marijuana libera in Colorado le casse dello stato e la polizia se la passano un po’ meglio (nessun doppio senso letterale è voluto), chi se la passa un po’ peggio sono i cartelli del narcotraffico messicano.

Dopo averci illustrato gli effetti economici e sociali di tre mesi di legalizzazione, Policymic ci fa notare come uno degli effetti del’emendamento sia stato quello di minare il mercato dei cartelli messicani della droga, che certo non sono stati sconfitti, ma hanno subito una sorta di flessione fisiologica, dovuta al minore afflusso di clientela.

È come se gli USA avessero attuato una guerra legale a quella già in corso, illegale, che pervade tutto il Messico. Il tutto tramite la legalizzazione di un prodotto che genera consumi e giri d’affari milionari, anzi miliardari, sebbene l’incidenza del denaro legale speso per la marijuana in Colorado sia solo una bassa percentuale rispetto al denaro che circola per l’erba fra il Messico e gli stati confinanti. Tuttavia, solo il primo gennaio di quest’anno, in Colorado era stato speso un milione di dollari nell’acquisto di marijuana e solo in marzo 19 milioni. E si sta escludendo l’uso terapeutico. Certo il Messico vanta fra i 20 e i 40 miliardi di dollari di giro d’affari, ma questa cifra comprende anche le altre sostanze stupefacenti, e i dati non sono mai ufficiali, giusto perché l’ufficialità non è proprio nella natura dai narcotrafficanti.
A ogni modo, il mercato messicano ha perso tantissimi clienti, almeno quelli residenti in Colorado, semplicemente perché questi adesso non hanno più bisogno di procurarsi la marijuana illegalmente, né da alcun pusher. La comprano a casa senza senza pericoli penali e senza salti mortali economici, visto che, una volta legale, l’erba costa il 75% in meno rispetto a quella clandestina.

I cartelli della droga in Messico lavorano come delle vere e proprie aziende, solo che si avvalgono di mezzi un po’ troppo perentori. La loro organizzazione prevede delle strutture paramilitari (e quindi c’è di mezzo anche il traffico delle armi), delle gerarchie da rispettare relative alle zone da servire con la droga, tutta una serie di accorgimenti logistici che devono essere ben collaudati affinché il guadagno finale sia abbondantemente multiplo della spesa iniziale. Oltre a tutta un’organizzazione di mezzi di trasporto e trame fitte di connivenze che permettono la permeabilità di confini e reti legali.

Certo sarebbe utopico prevedere a breve una sconfitta del narcotraffico messicano, ma un fianco è stato scoperto e alcuni problemi di ordine pubblico sono stati limati. Gira ancora molta cocaina e tanti soldi attorno a essa, perché c’è da fare più lavoro. Comprarla in Perù e Colombia a 2000$/kg, lavorarla in Messico, farla lievitare a 10000$, raffinarla (30000$) e infine smerciarla oltre confine (100000$), dall’Arizona e dal Sud Texas in su.

Prezzi che la marijuana non raggiunge, perché non ha bisogno di essere raffinata. Conosciuta come cash crop (coltivazione di contanti), essa può essere smerciata con meno rischi, e quindi meno costi. Però è più ingombrante e profumata della coca.
La marijuana viene inoltre usata come confezione per un’altra frontiera della droga messicana, ovvero le metanfetamine, donate come campioni di prova per penetrare il mercato del consumo americano.
Oltre a queste pratiche, il provvedimento di liberalizzazione tende a minare un’altra pratica, ossia la coltivazione clandestina. Secondo questo articolo del New York Times pare che nei boschi del Wisconsin esistano delle piantagioni irregolari gestite da contadini forniti di zappe e AK-47.

C’è da ripeterlo: è impensabile sconfiggere un apparato come quello dei cartelli messicani, tuttavia numeri e fatti parlano chiaro e dicono che l’abbattimento del costo sociale dovuto al consumo regolato di marijuana è concreto.

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