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“Mezzovi” e mezze giustificazioni

Leggo che continuano a dirsi tante cose su una questione che ha diviso l’opinione pubblica della città in cui vivo, ossia la realizzazione di una pista ciclabile che ha ricevuto tanti taciti consensi così come migliaia di voci di detrattori non di essa, ma della giunta e dell’amministrazione comunale che l’ha istituita, giacché in questo paese, quando una cosa viene fatta, viene criticata per chi la mette in opera, non per quello che effettivamente serve.
Giusto per capire di cosa parliamo, la pista ciclabile in questione dovrebbe collegare il ponte sull’Arno alla stazione ferroviaria (1 km circa), continuando idealmente quella del comune confinante che, senza tanti orpelli né elementi “di disturbo” delle carreggiate per gli automobilisti, esiste e resiste di là d’Arno senza tante polemiche. Di qua invece, la pista è stata disegnata e imposta quasi a se stessi, ovvero a quella giunta comunale che tanto ha fatto per chissà quali volontà divine, perché sembra proprio che qualsiasi cosa che faccia, sia perché lo vuole qualcun altro, qualche lobby locale, qualche forza soprannaturale che insiste su questo posto. La pista ciclabile è una di queste: delimitata all’iverosimile dai cosiddetti “mezzovi” (mezzi uovi, qui li chiamano così), muore improvvisamente all’ingresso di una delle piazze principale del paese e già prima non è che viva di gran salute. Ora, questa pista ciclabile è inutile non tanto per come è stata fatta, ma per come è stata ed è vissuta dalla popolazione, restia e impossibilitata a staccarsi dall’automobile. A parte il malcostume di coloro che ci parcheggiano imperterriti sopra, la pista subisce le angherie di chi l’ha sempre sofferta, ritrovandosi nel mezzo i succitati mezzovi, pedoni che vi camminano e inveiscono se il ciclista scampanella per chiedere il suo diritto al passaggio, automobili che montano sui divisori bianchi perché tutt’ora alcuni automobilisti e opinionisti hanno l’ardire di considerare i mezzovi poco visibili perché bassi. Questa mi sembra una giustificazione risibile, perché infatti la pista è nata con i mezzovi e dunque che esistano si sa già dall’inizio, sennò si rischia di giustificare quelli che col SUV ci passano sopra e ancor peggio quelli che credono di avercelo il SUV, e invece hanno la Smart e per passarci sopra hanno bisogno del carro attrezzi, perché sopra non ci sono passaati, ma ci sono rimasti. La delimitazione c’è ed esiste fin dall’inizio, quindi l’automobilista lo ha sempre saputo che i mezzovi erano di quell’altezza e dove erano posti. Criticare la pista ciclabile perché è poco visibile non è proprio la miglio cosa.
Un altro difetto della pista ciclabile è il suo utilizzo, e quindi il difetto non sta in essa, quanto in coloro che la utilizzano e soprattutto in coloro che NON la utilizzano. L’oggetto “automobile” è molto ambito e vissuto da queste pati come una protuberanza dei propri arti inferiori, inpossibile da lasciare nel garage di casa, impossibile da staccarsene. Inoltre non è che l’amministrazione comunale ne scoraggi l’utilizzo. Ci ha provato, ma la ribellione del popolo ha prodotto i cosiddetti “eversivi al volante”, di cui la nazione è già sraordinariamente piena, e di cui qui si vedono molti esemplari, da chi non paga il parcheggio sulle strisce blu per il tempo di un caffè” a chi lascia la macchina in posti insensati, perché tre metri in più a piedi sono troppi e la maccina deve essere pronta all’uso in meno di un minuto. E sì che il paragone con le altre nazioni si spreca, perché “in Belgio le piste ciclabili sono ovunque, anche sulle statali”, e “in Cina le infrastrutture lo permettono”. No, non sono le infrastrutture che lo permettono, sono le strutture sociali che permettono un costume, una convenzionalità. Nelle altre nazioni la gente è abituata e incentivata a lasciare il proprio mezzo a casa e a prendere la bici o il mezzo pubblico. Non c’è bisogno di particolari sforzi infrastrutturali perché qualcosa funzioni; bisogna invece lavorare sulle abitudini della gente, far capire loro e invogliarli ad assumere determinati comportamenti che travalichino i pregiudizi per partito preso; bisogna far capire e farsi capire coinvolgendo la popolazione non solo per quanto previsto dalla legge, ma anche sulle piccole cose, creare una comunità, con dei limiti certo, ma pur sempre una condivisione di intenti che possa far apprezzare maggiormente le prorpie azioni.
La pista ciclabile è una manna dal cielo, se solo fosse stata realizzata con criteri di un progetto più ampio e tratta meglio in primis da chi l’ha inventata. Così è solo una parte di strada bistrattata e con essa chi avrebbe il diritto di utilizzarla.

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