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Calciodromo

Un recupero durato cinque anni

Lo spunto per questo articolo è arrivato da un’infografica di ‘Delayed gratification’. Infografica colorata quanto spietata, che mette in risalto gli anni di digiuno in varie competizioni di altrettante squadre di diversi sport. Anni senza vincere nessun titolo. Decenni, anzi, di cosiddette umiliazioni sportive.
ALcune squadre sono riuscite a rimanere senza trofeo addirittura per oltre un secolo.

Come gli Hibernians.

I biancoverdi di Edimburgo, celebrati nella cultura pop scozzese grazie a Irvine Welsh – e di conseguenza tirati in ballo da Danny Boyle per entrambi i Trainspotting – sono riusciti a non vincere la Coppa di Scozia per 113 anni. Al 114° ce l’hanno fatta, al secondo minuto di recupero. Ma quell’extra time non è durato solo 5 minuti, dopo il 90′ della finale contro i Rangers. Quello degli Hibs è stato un recupero che durato per l’ultimo lustro, alla fine del quale l’incubo si è finalmente dissolto.

Il 21 maggio 2016 l’Hampden Park di Glasgow attende 50 mila e passa tifosi di Rangers e Hibernians. È la prima volta che in finale ci vanno due squadre della Championship, la serie B scozzese.
Gli Hibs sono alla loro quattordicesima finale. Prima d’ora ne hanno vinte due: nel 1887 battendo il Dunbarton per 2-1 e nel 1902 il Celtic 1-0. È da 114 anni che i tifosi aspettano.
In campionato la discussione è chiusa, almeno dall’85, ultimo anno in cui ha vinto una squadra che non sia stata Celtic o Rangers. E comunque nell’Edimburgo biancoverde il campionato non lo vedono dal ’52.
Ma nella coppa nazionale le acque si sono smosse. Male, ma si sono smosse.
Di undici finali perse le più dure sono forse le ultime due. Nel 2012 la peggiore di tutte finisce 5-1 per gli Hearts, l’altra squadra di Edimburgo. Immaginarsi la figuraccia. E lo sdegno per una partita che poteva forse finire meglio, almeno per il morale. Invece, oltre ai cinque gol presi, c’è anche il danno di aver terminato la partita con un uomo in meno, il gambiano Kujabi, reo di aver commesso il fallo per un rigore che non c’era, visto che Suso (non quello che gioca nel Milan adesso) viene sì tirato per la maglia, ma fuori area e per giunta cade inciampando sul proprio piede d’appoggio. Poi Granger segnerà il 3-1 dal dischetto e allora la montagna da scalare sarà insormontabile. Non era la prima finale persa contro i rivali cittadini: anche nel 1896 gli Hibs furono vice campioni dopo il 3-1 finale.
Poi la finale del 2013, la quinta contro il Celtic, la quinta persa dopo quelle del 1914, 1923, 1972 e 2001.
Nel mezzo altre quattro sconfitte: nel ’24 contro gli Airdreonians; nel ’47 contro l’Aberdeen; nel ’58 contro il Clyde; nel ’79 contro i Rangers.
E come se non bastasse, dopo le due finali consecutive perse è arrivato anche l’11° posto in Premier, e cioè la retrocessione.

Quindi tre anni di Championship, senza mai poter tornare su.
E poi il vento che cambia e spazza via 114 anni al secondo minuto di recupero della finale di Glasgow, praticamente contro i padroni di casa.
Non c’è spazio e voglia per raccontare la partita: non è quello il senso di questo post. C’è solo da dire, per esempio, che gli Hibs erano passati in vantaggio al 3′ con Stokes e rimontati dai Rangers al 27′ e al 64′ rispettivamente da Miller e Halliday.
Poi il sogno di ogni tifoso: soffrire fino alla fine e quindi vincere. A dieci minuti dalla fine la mette di nuovo Stokes; al 92′, il secondo dei cinque minuti di recupero assegnati da Steve McLean, David Gray entra in area di rigore e di testa mette dentro il pallone che arriva dall’angolo destro che Liam Henderson ha appena battuto. Un colpo di testa che si infila alle spalle del portiere, fra traversa e palo alla sua destra, sotto la curva stracolma di sciarpe e maglie biancoverdi.

Monumental sporting droughts, Delayed Gratification, the Slow Journalism magazine.
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