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Ideodromo

Siamo diventati…

… un Paese di furbi, di gente che cerca la scorciatoia per arrivare all’obiettivo, anche in maniera priva di scrupoli e piuttosto disumana.
Le inchieste sulla presunta ‘P3’ e il ritorno alla ribalta della questione fra Stato e mafia in occasione del 18° anniversario dell’uccisione di Paolo Borsellino hanno poi rincarato la dose di ribrezzo che il sottoscritto – e credo facilmente anche altre persone che se lo sono chiesto – sta avvertendo dopo gli ennesimi sentori di uno Stato molto vicino a quelle che sono delle situazioni di connivenza, ambiguità,  mal gestione e poca considerazione dei problemi che realmente ci sfiancano e dei quali le classi dirigenti, da decenni, si allontanano andando a parare su soluzioni maggiormente egoistiche, connettibili all’aumento delle proprie ricchezze e influenze.
La vicenda secondo la quale lo Stato sarebbe coinvolto nelle stragi mafiose del ’92 (e forse anche altre) è molto simile a quella che nel ’78 investì l’Italia con il caso ‘Moro’: continui strascichi e diverse coincidenze (che sembrano francamente troppe) non possono, a mio modo di vedere, non far pensare che qualcuno abbia agito in una maniera così efferata, subdola e così immensamente grande agli occhi di un semplice cittadino. Ma è proprio questa azione da parte di chi dovrebe servire lo Stato a creare uno scompenso tale da far pensare se veramente viviamo in un Paese civile.
Intendo dire: come fare a resistere a una continua azione massonica che approfitta del nome dello Stato per regolare la vita di tutti i giorni dello Stato stesso, della Nazione? Come poter convivere, da cittadino, con un apparato elefantiaco che ti opprime, ti asfissia e che poi, nello stesso tempo mangia nello stesso piatto di chi esso stesso sta combattendo.
Io mi chiedo questo. È una cosa troppo grande, lo sappiamo, ma  il fatto di non poter sapere il colpevole di un delitto è un problema che in un Paese come il nostro, ce si dice civilizato, non dovrebbe esistere

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