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Sulla gentrificazione anche Spike Lee

Quando nell’89 Spike Lee girava ‘Fa’ la cosa giusta’ forse già sapeva che cosa sarebbe accaduto alla zona dove è cresciuto e dove pare che tutt’ora viva. Nel film venivano raccontate storie di difficile convivenza fra diverse etnie e volontà di esponenti di una parte e dell’altra di essere amici nonostante tutto. Ma le tradizioni, le usanze, i luoghi comuni e una buone dose di ostilità all’adattamento collegata alla mancanza di rispetto del nuovo arrivato nei confronti del posto ospitante hanno permesso, nel film, che si arrivasse allo scontro verbale e fisico tra le parti.

Così Lee ha approfittato del suo intervento al Pratt di Brooklyn per ricordare una scena del film, simbolo della problematica convivenza di visioni diverse della vita nello stesso quartiere (“… non puoi andare in giro per Bed-Stuy con la maglietta dei Celtics.”). In più ha anche parlato di gentrificazione, allo stesso tempo causa e conseguenza di alcuni episodi di razzismo, del tutto evitabili ponendo all’atto un minimo di buon senso.
Nei suoi sette minuti di anatema nei confronti della gentrificazione, Spike Lee ha messo dentro quelle figure che secondo lui stanno diventando la causa della deriva di Bedford-Stuyvesant, quartiere di Brooklyn popolato da afro-americani, che sta pian piano perdendo la propria natura a causa, dice Lee, di “quei figli di p. di hipster” che si divertono a gentrificare Brooklyn. Il regista di ‘Malcolm X’ contesta quello che egli stesso definisce come ‘sindrome di Cristoforo Colombo’, secondo la quale quartieri storici della città assumono nuovo fasto semplicemente perché presunte élite culturali decidono di conferirglielo. ‘You just can’t come and bogart!’, inveisce Spike. Non possono venire e prendere tutto per sé senza lasciare niente agli altri.

“Non potete venire e fare come Cristoforo Colombo e uccidere i Nativi o come hanno fatto in Brasile con gli indigeni. C’è un codice da rispettare. Ci sono persone. Devi venire portando rispetto. Sono per la democrazia e per lasciare vivere ognuno, ma bisogna avere rispetto. Non potete venire dove c’è gente che ha una cultura ben definita da generazioni e cambiare tutto solo perché siete qui.”

Spike contrasta anche la moda avviata dalle grandi agenzie immobiliari di cambiare nome ai posti e ai quartieri, così come pare stia accadendo proprio a Bedford-Stuyvesant, rinominato Stuyvesant Heigh.

La storia recente di Bedford-Stuyvesant è affascinante: le case di arenaria marrone conferiscono un panorama urbano che preserva tutt’ora quello creatosi alla fine del 19° Secolo, quando le famiglie nere più abbienti hanno cominciato a comprare questi appartamenti nei primi del ‘900 e per due terzi del secolo scorso Bed-Stuy (come lo chiamano gli abitanti) è stato il fulcro della cultura afro-americana a New York, oltre i soliti e misconosciuti Harlem e Bronx.
Bed-Stuy ha un po’ perso smalto  nei ’70 e ’80, ma l’ambientazione è un po’ quella che possiamo ricordare ne ‘I Robinson’ famiglia nera dell’upper mid-class (anche se i Robinson stavano a Brooklyn Heighs, ma l’idea rende bene).
Ultimamente Bed-Stuy è stato oggetto di una proposta di rinnovamento, con lo scopo di creare un distretto storico. Così, mentre i sostenitori  del progetto dicono che la cosa possa preservare il quartiere aumentando il valore degli immobili ed evitando sgraditi nuovi sviluppi urbani, i detrattori pensano che la proposta possa comportare maggiori costi di manutenzione degli immobili, gravando soprattutto su quelle fasce sociali a basso reddito, ma presenti a Bed-Stuy da generazioni, che rischierebbero così di essere allontanate dal loro quartiere. Chi si oppone al Bedford-Stuyvesant Historic District pensa inoltre che la popolazione sia stata male informata sul reale scopo della questione.

La storia è sempre la stessa: è possibile rigenerare un quartiere per renderlo bello come lo era una volta e nello stesso tempo permettere che di quel quartiere possa essere mantenuto lo stesso tessuto sociale, senza intaccarlo e senza rischiare di snaturarlo a causa dell’avvento di nuove classi sociali élitarie, che pretendono di essere ereditarie di un posto che non hanno mai vissuto?

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