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Paradossi

Difenderlo e attaccarlo. L’hanno fatto per vent’anni e continueranno a farlo, fin quando il corso naturale dell’esistenza non decreterà la fine irreversibile di un uomo che purtroppo per chi scrive ha segnato la storia di un’Italia che s’è definitivamente persa.
Non penso che siamo stati mai normali, e forse ogni generazione di persone comuni ha avuto, dal dopoguerra a oggi, fasi nelle quali si è sentita veramente tenuta fuori da giochi di potere più grandi di tutti noi, spettatrice di meccanismi per lo più oscuri, incompatibili con i problemi di tutti i giorni di qualsiasi persona impegnata a far quadrare i propri umili progetti di vita. Così, anche noi, adolescenti degli anni ’90 e adulti dieci anni dopo, ci siamo ritrovati a doverci barricare dietro la strenua difesa di un leader carismatico o dietro gli attacchi a un imprenditore senza scrupoli.
Personalmente ho sempre inteso più conforme al mio pensiero la seconda opzione: l’ho vissuto – e lo vivo tutt’ora – come il fautore della politica aziendale, intesa non come il modo di fare le cose in una ditta, ma proprio come una condotta imprenditoriale adattata alla politica, con il programma di partito divenuto un prodotto da vendere e comprare tramite il voto usato come moneta, con la propaganda fatta per accaparrarsi le preferenze di gente intellettualmente disperata, col ghigno di coloro che sono sempre lì pronti a fregare il poverello che una volta votava a sinistra e che adesso sa che c’è un partito che gli farà pagare meno tasse, semplicemente perché a pagare meno tasse ci vuole pensare già il capo di partito per sé. Ho sempre visto il berlusconismo come la fonte della politica marcia, meschina, l’esaltazione della furbizia tutta italiana, del ruolo politico come fonte primaria di guadagno nonché come espediente per scansare i mancati privilegi a cui la maggior parte delle persone comuni deve far fronte tutti i giorni. Invece il vizietto l’hanno preso anche a sinistra, l’hanno imparato per bene, e adesso perfino alle elezioni comunali di paesi sconosciuti ci si candida dal nulla per assicurarsi quattro o cinque anni di riconoscimenti che altrimenti, senza la “politica”, nessuno accorderebbe. Berlusconi ha inventato questo. Non che prima ci fossero paradisiache attività politiche, ma è molto probabile che chi facesse politica avesse già un bagaglio culturale che gli abbia permesso di portare avanti dei progetti fatti di idee. Berlusconi ci ha fatto capire che chiunque, veramente, può fare politica, che mai come in questi vent’anni la possibilità di candidarsi è riservata a chiunque, senza che questi abbia una minima cognizione di come funzionino i meccanismi di un qualsiasi governo, quella fatta di idee, quella che va portata avanti non perché deve servire per pararci, ma perché si intende il mondo in una certa maniera, senza usufruirne in prima persona. La politica fatta da chiunque è arrivata al suo apice con i 5 Stelle, gente davvero comune che rappresenta il non plus ultra dell’incapacità di fare politica elevata proprio all’azione politica centrale. Tutti possono farla, la politica, ce l’ha dimostrato lui, e siccome tutti hanno i più svariati bisogni da soddisfare, tutti mettono in campo le proprie debolezze e sfruttano la nomina a consigliere – da comunale in su – come trampolino di lancio per aver qualche benefit. Lo hanno fatto in tanti in questi vent’anni. Forse lo facevano anche prima, ma pare in questi ultimi vent’anni la cosa sia diventata un must per chi aspira a uno scranno amministrativo.
Di paradossi in questi vent’anni se ne sono visti parecchi, fino a quello attuale, principe e apice di tutti, per il quale quello che dovrebbe essere il partito che lo contrasta, lo tiene magicamente in vita perché sennò non starebbe più al governo. Intendiamoci meglio: il PD governa insieme al PDL (già questo al secondo posto dei paradossi) e se decidesse di non volerci più governare automaticamente si sconfesserebbe; dunque per tenere in vita se stesso, il proprio apparato tutt’altro che innovativo, è costretto a mantenere l’altro apparato, quello del proprio nemico giurato, divenuto magicamente il principale alleato. Quando i giornali e gli opinionisti parlano di “staccare la spina”, parlano anche della fine di questo PD, perché il gruppo dirigente di questo partito, lo stesso che non ha voluto Renzi, lo stesso che pur di non essere guidato da Renzi si è fatto incanalare da Berlusconi, questo partito ha un tremenda paura di non esistere più. E siccome questo governo è la sua ultima possibilità di stare a galla, tenerlo in vita significa tirare avanti per altri quattro anni.
Berlusconi è riuscito a fare questo. La sua politica ha coinvolto tutti, volenti o nolenti, anche coloro che se ne sono tirati fuori, perché nella maggior parte dei casi lo hanno fatto perché c’era lui. Diciamolo: è lui che ha realmente governato in questi anni, sia da premier, sia dall’opposizione. Ed è questo che ci ha fregato. Tutto è stato fatto in funzione sua, tranne quello che andava veramente fatto, cioè impedire una serie di giochetti che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, ossia fra tutti cercare di marginalizzare i vantaggi che la politica può portare a chi la fa, e cercare di non fare arrivare ai posti di comando gente sprovveduta scelta dal capo e non dall’elettore. In altre parole, nessuno ha mai pensato seriamente al conflitto di interesse, ché in realta pensare al conflitto di interesso contro Berlusconi sarebbe stato come arginare gli interessi di tutti, e nessuno ha mai pensato di evitare che a essere “eletti” fossero individui veramente incapaci di farlo, che con la politica non c’entrano niente, che sono stati in politica proprio perché hanno tratto vantaggi da questioni personali con chi li ha scelti.
Nell’Italia fatta di furbi, che hanno proliferato e ultimamente si stanno moltiplicando, Berlusconi è stato ed è il principe amato e odiato, da coloro che hanno voluto essere come lui, che hanno finalmente visto una scorciatoia per battere una sinistra troppo conservatrice, e coloro che a questa sinistra conservatrice sono appartenuti, che hanno fatto di Berlusconi il nemico giurato fino toccarlo come si toccano due estremi, scoraggiando ogni tentativo moderno di farlo fuori, ché farlo fuori avrebbe significato farsi fuori.

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