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::Tutto da perdere

Quando si è circondati da beni ai quali sembra impossibile rinunciare, quando abbiamo la nostra bella macchina, la casa, il nostro lavoro (sia esso precario o stabile), quando abbiamo il nostro smartphone, l’ADSL a casa, il pranzo di famiglia la domenica, le ferie prenotate già a marzo per l’imminente estate, allora credo proprio che: 1) ci è onestamente impossibile parlare di crisi; 2) è altrettanto impossibile trasformare in pratica l’”indignazione” teorica che pervade i discorsi da strada che non solo in strada si sentono fare, ma anche in quei luoghi che si potrebbero definire più strutturati (come una trasmissione televisiva o un consiglio comunale, per esempio), e che perdono la loro struttura subito dopo aver iniziato a parlare proprio dell’indignazione del popolo di questi tempi.
Pare che indignarsi sia diventato di moda, fino allo stremo delle forze dialettiche, limitate soltanto al lamento quotidiano inerente all’aumento di tutto, alla “casta” che rimane sempre più tale, a quelli che si fregano i soldi e per colpa loro siamo messi come siamo messi. Intendiamoci, qui si è sempre sostenuto che la troppa libertà di parola ha dato aria a molte bocche che avevano bisogno di prenderla, e che ne hanno rimessa in circolo una buona quantità, senza aggiungere nient’altro a quello che si sapeva. Il punto è che per come siamo messi, le nostre lamentele valgono meno di zero. È prettamente inutile farlo, è prettamente inutile incazzarsi senza passare ai fatti.
Qui si è anche sostenuto che certe manifestazioni fatte di sabato pomeriggio a Roma sanno più di scampagnata di massa che di una reale protesta civile contro chi ci sta ammorbando. Perché non fare una manifestazione seria di settimana, il mercoledì mattina, intasando i servizi, bloccandoli e creando un vero disagio? È chiaro che la metà degli italiani è scontenta, manifestarlo a Roma è superfluo, non fa cambiare le cose.
Lungi da me limitare la libertà di espressione del pensiero e dunque di questo a mezzo manifestazione, ma è evidente che da tutte le proteste e i movimenti (effimeri) non è ancora scaturito quel cambiamento che tutti noi auspichiamo. È altrettanto evidente che la classe politica attuale, non ha alcun interesse a cambiare il proprio status, che è semplicemente quello di circa 900 persone a fronte di quasi 60 milioni di altre persone, che, chi più chi meno (questo a seconda del volume del proprio conto in banca) continua a maledire quei 900 per quello che hanno, non per quello che fanno, giacché quello che fanno è finalizzato esclusivamente a quello che hanno.

E dunque saremmo indignati, pur continuando a vedere il posticipo di sky sul 42’ a led.

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